MyBlueEyes ha scritto:
Che cos'è un eroe? Nel cinema, l'eroe è spesso il personaggio principale di un film, nel quale un po' tutti, specialmente durante la nostra fanciullezza, avremmo volevo immedesimarci.
Orgoglioso, spregiudicato, razionale, educato, rispettoso, sprezzante del pericolo. A volte, il ruolo dell'eroe viene usato anche in senso lato per descrivere colui che, pur non essendo dotato di poteri sovrannaturali, riesce con la propria intelligenza, per lo più ai limiti della genialità, a risolvere varie situazioni, anche casuali.
Dopo questo excursus, forse noioso, è lecito porsi un'altra domanda, che cosa fa sì che un supereroe diventi tale, all'occhio di tutti? Certamente, la popolarità dello stesso si misura in base alle imprese che esso riesce a compiere. Essendo gli esseri umani persone dotati di sentimenti, è lecito anche correlare questa risposta con la moralità con la quale queste imprese - quali esse che siano - vengono compiute.
La percezione dell'eroe, o del genio, è cambiata. Prima, bisognava essere dei buoni ragazzi, sempre e comunque. E' possibile notarlo nello stesso Superman, ragazzo perfettissimo, neanche un capello fuori posto. Per non parlare di MaGyver, che riusciva a fare qualsiasi cosa con il suo mitico coltellino svizzero, non beveva, non fumava, solidale, forse recitava anche le preghiere ogni volta prima di andare a dormire. Baywatch? Neanche a scherzare, non puoi essere un cittadino della California se non hai dei pettorali sviluppatissimi e almeno una 4° di reggiseno.
Oggi giorno la dote fondamentale - con le dovute precauzioni - non è più la perfezione. Anzi! Si può anche essere zoppi. L'indispensabile è avere un tormento interiore, nel quale il personaggio principale sembra essere perso, abbandonato. Il suo lavoro, più che un mezzo per esaltare la propria intelligenza, diventa un mezzo per combattere le proprie ossessioni, al punto di far male a se stessi e agli altri. Il tutto condito con una dose di asocialità e bastardaggine acuta, che può crescere nel tempo o in base ad un episodio di stress.
House, Dexter, il detective Goren di Criminal intent, Monk, Shark, Ugly Betty, Weeds, Maryl Streep in The Devil Wears Prada, tanto per citarne alcuni.
Ovviamente, con ciò, non dico che tutti i film/telefilm prodotti di recente si siano adeguati a quello che ho appena detto, comunque, non vi sembra, letteralmente, che l'eroe non sia davvero più quello di una volta?
Sfido il rischio della raccolta col...cucchiaino(dato l'orario,visto che sto iniziando a scrivere ben prima dell'alba

) e provo a riprendere gli spunti suggeriti da quello che è un vero e proprio mini-saggio metacinematografico
Il concetto di eroe ha radici che si perdono nella notte dei tempi: certamente - come ricordato da Flask - è un elemento significativo nell'epoca classica,ma con accenti e connotazioni molto peculiari e decisamente in contrasto rispetto all'epoca moderna.
Il tema dell'eroe attecchisce fin dai racconti mitologici nei quali rappresenta l'incrocio,se non l'anello di congiunzione fra terreno e divino: gli eroi sono infatti nella mitologia classica delle semidivinità per il fatto di avere un'origine parzialmente derivante dall'intercessione degli dei e al contempo legati al mondo terreno che travalicano in modo esemplare,bypassando l'umana condizione attraverso particolari doti di cui sono investiti.
La stessa radice etimologica del termine ( ἣρως) alligna nell'idea di preservazione e custodia: colui cioè che tutela e protegge gli uomini (con doti ultraterrene,ma affondando le radici nell'umano) e per questo è fatto oggetto di venerazione.
Ad esso è associata l'idea di perfezione secondo lo stilema greco della Kalokagathia (καλὸς, ossia bello + κἀγαθός, ovvero buono). Bellezza e bontà cioè si fondono in un tutt'uno nell'epoca classica: chi è bello (fisicamente) non può che essere buono(per via dei valori appresi con l'erudizione) e chi è buono non può che essere bello. Una condizione a tutto tondo, tanto necessitante e circolare quanto cogente, ossia costrittiva nelle maglie di una idea di conseguenzialità che, di fatto, si esplicita come un postulato (verità che non ha bisogno di essere dimostrato tanto essa è apodittica).
Come ha annotato Flask nel suo intervento,l'eroe nella mitologia classica racchiude aspetti tormentati che solo in parte vengono risolti in forma catartica: l'eroe è ben conscio di essere eterodiretto, guidato e in qualche modo pilotato dal volere (per non dire i capricci) degli dei e, soprattutto, da un'entità ancor più sacralmente fondante: il fato o destino,a cui neppure gli dei possono sottrarsi.
"Ἦθος, ἀνθρώπῳ δαίμων" riportava Eraclito in un frammento: il carattere, l'ethos, la "morale" dell'uomo risiede ed è racchiusa nel suo destino (inteso estensivamente nel fuoco interiore del daimon,su cui non spendo altre parole,altrimenti il discorso diventerebbe più lungo della barba di Giosafatte

).
Le gesta e le imprese degli eroi nella mitologia classica sono così un inveramento di una condizione estremamente particolare, in cui l'esemplarità rivive anche - traguardando non solo i secoli ,ma i millenni -, nelle epopee romantiche ed esaltanti (quantunque non prive di una componente ieratica) dei paladini proposti per il grande pubblico - nella fattispecie, a proposito dell'immaginario cinematografico o "seriale".
Ovviamente qualunque rappresentazione è figlia della cultura del periodo in cui la si mette in atto, tanto più quanto essa è dominante ed espressione di un'élite al potere. Non è a fortiori una conditio sine qua non,cioè un elemento imprescindibile: esistono svariati casi di eroi "popolari", il cui senso d'essere è proprio in contrasto - spesso efficacemente icastico - rispetto alla relativa classe dirigente. Il fil rouge,tuttavia, il filo conduttore che lega e oltrepassa anche un'interpretazione unicamente "classista" è dato dall'aspetto dicotomico di questa idea di eroe: quello cioè tradizionalmente racchiuso nelle più o meno buone maniere, nella gentilezza, insomma in tutte quelle caratteristiche menzionate inizialmente da MyBLueEyes.
La dicotomia, la divisione netta e basata su contrasti spesso tagliati con l'accetta(bello-brutto,buono-cattivo, simpatico-antipatico), guadagna tanto in immediatezza e facile presa quanto perde al contempo nella profondità dello sguardo e nella complessità della figura.
Gli alter-ego dei cartoons, a cui si richiama Flask, sono figure che senz'altro arricchiscono sia il personaggio principale che la trama: ma soprattutto costituiscono un passo in avanti - man mano che vengono raffinati i tratti e resi piu singolari i caratteri , rispetto alle soluzioni accanitamente dicotomiche in cui i conflitti (che sono poi il sale sia delle evoluzioni interiori che dei rapporti di interazione sociale) restano autosussistenti e privi di soluzione se non con l'eliminazione di uno dei contendenti. Il che,se da un lato a volte rappresenta una necessità filmica, dall'altra nuoce come idea di fondo nella prospettiva di continuazioni o remake: ancor più rischia di diventar controproducente se parliamo di serial.
Per riprendere il titolo di un saggio del premio Nobel Rita Levi Montalcini, l'elogio dell'imperfezione che incrina le immagini (e talvolta i "santini") degli eroi di qualche tempo fa, da un lato dispiega la forza dell'escamotage attraverso tecniche di messa in scena molto piu raffinate,costruite ad arte, talvolta "furbe", talvolta geniali per visionarietà ed occhio eccentrico (aggettivo da intendere nel senso piu lato, sia come curioso,bizzarro, sia come ex-centrum,fuori dall'asse originario).
D'altro canto il sistema di rappresentazione degli eroi in chiave cinematografica e nei serial calibra il capovolgimento dell'asse narrativo e connotativo nella misura in cui il protagonista si auto-propaga e si auto-alimenta, talvolta in modo piu evidente,talvolta più sottotraccia.
La percezione e l'interrogativo di MyBlueEyes ha una ragion d'essere nella struttura via via anti-eroica su cui sono imperniati i caratteri dei personaggi citati: la forza eversiva - ancor piu quando la bastardaggine ha una sua logica e pregnanza e non si circoscrive ad un'esigenza effettistica,di posa, di maniera - acquista una sua dimensione disancorandosi dalle esigenze del politically correct e mostrando non tanto il tormento(che già l'eroe mitologico aveva) quanto il tentativo di spostamento della bisettrice dello sguardo. Le ossessioni,i fantasmi interiori,i tic, le piccole manie(al di là dei singoli espedienti) acquistano valenza tanto quanto il protagonista si smarca, si muove a sorpresa,meglio ancora coglie di sorpresa lo spettatore, portando fuori da sè la propria figura,piegandola come un elastico fino a fornire un'idea di quadro sociale più vero del vero,ancorchè partendo da spunti magari stralunati.
Il fascino della bastardaggine è tanto piu incisivo nella veridicità come negli eccessi quanto piu esso si stempera in una condizione di sopravvivenza - sia pure a volte ferocemente stilizzata - tanto piu organica,tanto piu aderente,tanto piu calzante quanto più essa si nutre di fermenti sociali nei quali il conflitto è in nuce come cifra distintiva della forbice fra il raggio dei propri bisogni e desideri e il tipo di ricezione e/o accoglimento che la società (fosse anche quella in scala miniaturizzata in un ambiente di lavoro, rappresentato in chiave scenica) propone,sottopone o impone.