
Bellissimo adattamento del musical di Stephen Sondheim, ambientato nella tetrissima Londra vittoriana.
Torbido, nero, nichilista e senza speranza, Burton ai suoi massimi livelli, senza traccia di quel fondo di buonismo che ogni tanto ha fatto capolino nelle sue opere.
Le canzoni sono belle, anche se difficilmente memorabili (a parte le sensazionali Johanna e Pretty Women, quest'ultima in duetto tra il giudice e Sweeney), e comunque funzionali e bene integrate al tessuto cinematografico - con l'eccezione forse di My friends, la ri-consegna a Sweeney delle lame, in cui la canzone costringe la scena ad una certa staticità - scena che comunque si conclude con la folgorante immagine di Sweeney riflessa nella lama del rasoio, e sullo sfondo, sfocato, il viso di Mrs Lovett: due volti distorti, uno alterato dal riflesso, l'altro dall'uso della profondità di campo; è il momento chiave in cui i due personaggi si rivelano per quello che sono: due spettri, due veri e propri fantasmi.
Una storia di fantasmi, a tutti gli effetti.
Non c'è speranza, nella lucida follia di Sweeney Todd e del suo mondo; non ci sono sogni per il futuro, solo incubi; nessuna redenzione: tutti meritano di morire, i prevaricatori per le loro ingiustizie, gli oppressi perchè -per loro- la morte è comunque una liberazione dalle sofferenze.
****1/2
Nota all'edizione italiana: pessima l'idea di tradurre i dialoghi (pur lasciando -giustamente- in originale le canzoni). Una scelta che arriva addirittura ad effetti tragicomici, nei momenti in cui al cantato si alterna il recitativo, e al personaggio che canta in inglese risponde un altro in italiano... Se volevano creare un ulteriore effetto grottesco, ci sono riusciti in pieno...
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