«Gli strumenti di lavoro vengono assegnati in dotazione ai dipendenti per lo svolgimento esclusivo dell’attività aziendale». Con queste motivazioni il giudice torinese Adele Pompei ha assolto dai reati di «violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza».
L’assoluzione è stata pronunciata con la formula «perché il fatto non sussiste», ma il PM, Gianfranco Colace, ha già preannunciato che ricorrerà in Cassazione contro questa sentenza.
Secondo il giudice, infatti, il datore di lavoro ha il diritto di poter accedere ad un account di posta elettronica di un dipendente che sia stato creato ed utilizzato per esclusive finalità aziendali.
Per il PM, invece, il codice privacy consente di poter effettuare controlli sulla posta elettronica dei dipendenti, solo "in presenza di indispensabili e di indifferibili necessità di operatività e di sicurezza del sistema", e pertanto aveva chiesto la condanna a due anni del manager spione.
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L’assoluzione è stata pronunciata con la formula «perché il fatto non sussiste», ma il PM, Gianfranco Colace, ha già preannunciato che ricorrerà in Cassazione contro questa sentenza.
Secondo il giudice, infatti, il datore di lavoro ha il diritto di poter accedere ad un account di posta elettronica di un dipendente che sia stato creato ed utilizzato per esclusive finalità aziendali.
Per il PM, invece, il codice privacy consente di poter effettuare controlli sulla posta elettronica dei dipendenti, solo "in presenza di indispensabili e di indifferibili necessità di operatività e di sicurezza del sistema", e pertanto aveva chiesto la condanna a due anni del manager spione.
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