Le mirabolanti decisioni della Corte di Cassazione...

alex86

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«Maleducato» è reato, «buffone» no. «Frocio» è sempre offensivo, «stro*** e cretino» talvolta no... Le decisioni della suprema corte compilano il nuovo dizionario degli insulti

Non se ne sono mai occupate con tanto impegno né le moderne enciclopedie online né l'Accademia della Crusca. Ma il dizionario degli insulti è un volume che si arricchisce di nuove voci quasi ogni giorno e può contare su un curatore d'eccezione: la V sezione penale della Corte di cassazione.

I supremi giudici, infatti, sempre più spesso sono chiamati a pronunciarsi su ingiurie e offese che vanno dalle più classiche, come «stro***» («La parola è offensiva in senso stretto e letterale») e «scemo» (si rischia anche il «risarcimento dei danni morali»), a espressioni dialettali come «scurnacchiata», «ti si 'na faccia da 'mbecille», «faccia di cavallo» (epiteto grave se rappresenta «un'enfatizzazione caricaturale delle caratteristiche del volto»: ditelo solo a chi non ha l'ovale del viso troppo pronunciato).

«L'insulto è una cosa, la battuta è un'altra, ma il confine non lo vede più nessuno» sostiene Roberto D'Agostino, re della satira online e degli appellativi a sorpresa. «Il piacere dello sberleffo, dello sfottò, del gioco di parole in Italia c'è sempre stato» sostiene «perché il nostro è un paese che ha vissuto sempre in piazza, da Dante in poi. Però oggi la gente se la prende di più, è insofferente e arrogante. Ci vuole cautela per evitare di scatenare l'ira funesta, soprattutto dei vip».

Senza essere ancora finito all'esame della Cassazione, D'Agostino ha già accumulato decine di lettere di avvocati. Così ha smesso di scrivere cattiverie e ha cominciato a pubblicare foto impietose dei più permalosi: «Nella civiltà dell'immagine sono più velenose di mille parole».

«Resto sempre stupito quando vedo simili questioni arrivare in Cassazione» commenta Vinicio Nardo, noto penalista milanese. «Come avvocato, nel caso di ingiuria sento il dovere di far superare lo scontro tra le parti: è un fatto personale che può scontare l'emotività del momento, ma si dovrebbe cercare di farla rientrare evitando di far accrescere il rancore che potrebbe poi sfociare in azioni violente. Diverso il caso della diffamazione a mezzo stampa: quando ci si rivolge a un pubblico indiscriminato di persone si tocca un interesse generale».

Dopo la più recente decisione in tema dei magistrati con l'ermellino («Dare del frocio a qualcuno è reato») il parlamentare dell'Ulivo e presidente dell'Arcigay Franco Grillini ha sottolineato che «la sentenza della Cassazione ha un ruolo importante perché assume un compito didattico». Tutti a scuola di buona educazione dai giudici, dunque, anche se, vista la lentezza dei processi, lo stesso Grillini invita chi si sente ferito nell'orgoglio «a rispondere alle ingiurie con la pungente ironia, che, a volte, è più efficace delle denunce». Se non altro colpisce più in fretta.

Sarebbero d'accordo anche in Cassazione, visto che più volte hanno mandato assolto chi si limitava a rilanciare su un'offesa precedentemente ricevuta: la donna denunciata per aver dato del «bastard*, ebete, cretino, drogato» a un suo interlocutore è stata considerata innocente perché «il reato era stato commesso in presenza di una causa di giustificazione».

La giustizia sportiva, d'altra parte, sta scrivendo pagine storiche in tema di provocazione: «Nel codice di disciplina della Federazione giuoco calcio» spiega l'avvocato e parlamentare di An Giulia Bongiorno «è prevista la sanzione per chi adotta un comportamento offensivo, ma anche per chi mette in atto la provocazione».

Un principio che contribuì a far alleggerire la condanna al suo assistito Francesco Totti in occasione del famigerato sputo durante gli Europei di calcio del 2003, ma che ha fatto discutere nel caso della finale Italia-Francia dei Mondiali 2006 per la sproporzione tra provocazione (le parole offensive di Materazzi, punite con due giornate di squalifica) e reazione (la testata di Zidane che ne ha meritate solo tre).

La suprema corte ha dovuto prendere atto che ormai abitualmente si fa uso di espressioni fortissime: «Un certo linguaggio è ormai talmente diffuso, tra i giovani è addirittura una forma di intercalare, che ci stiamo quasi abituando agli insulti» ricorda l'avvocato Bongiorno. «Hanno un disvalore minore rispetto al passato».

Ma se al marito separato si può scrivere una lettera in cui lo si invita a farsi «i ****i suoi» senza incorrere in una condanna penale, guai a usare un linguaggio troppo colloquiale in ambito professionale.

Recenti sentenze della Cassazione hanno concesso di dare del «buono a nulla» alla dipendente di un ufficio postale che aveva disatteso i compiti del suo superiore, ma hanno negato l'assoluzione per un maggiore dell'Aeronautica che si era lamentato di alcuni suoi sottoposti sostenendo che «non capiscono un ****o»: i giudici hanno ritenuto che «pur se di uso comune in ambienti di scarsa educazione sociale e quindi espressione di maleducazione diffusa» questa espressione «ha indubbiamente una capacità offensiva del prestigio e della dignità».

Condannato anche il militare che aveva apostrofato un collega con «recchione»: è ingiuria anche se pronunciata in dialetto. Per non parlare del preside che nel bel mezzo di un consiglio di classe ha zittito un'insegnante con tre sillabe («Fottiti»). Risultato? Condannato a pagare una multa e le relative spese di giustizia (1.300 euro) perché «simili espressioni, se tollerabili in ambienti familiari o amicali, assumono chiaro significato dispregiativo ove adoperate in ambito lavorativo ufficiale».

Più libertà nel caso della critica politica se quel che si dice ha «carattere di utilità sociale intesa come interesse della collettività per la manifestazione del pensiero»: con questa motivazione è stato assolto Piero Ricca, il fotoreporter finito sotto inchiesta per aver dato del «buffone» all'allora premier Silvio Berlusconi.

Ma a Stefania Craxi nel 2001 la Cassazione aveva comminato 100 mila lire di multa per aver dato dello «stro***» a Francesco Rutelli. In ogni caso, nel dubbio, è meglio astenersi: per la Quinta sezione della Cassazione anche dare del «maleducato» è un'ingiuria.

|PANORAMA|

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Morale: occhio a quello che dite :)
 
Ma non era al contrario ..e cioè Maleducato?! :D
 
anche Ignorante, nel senso che ignora? :(

di stò passo passeremo + tempo in tribunale che a casa...

e su stò forum si chiuderà a grappoli! :(
 
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