
Un film malinteso e a torto maltrattato, cui la promozione che ha presentato un thriller con scene scandalo non ha fatto altro che nuocere, diffondendo l'aspettativa dell'ennesimo filmaccio alla Godsend (d'altronde il ragazzino, l'odioso Cameron Bright, è lo stesso). In realtà nulla di scandaloso e paranormale di bassa lega c'è nel film dell'inglese Jonathan Glazer. Si parte dallo spunto scarno in una confezione elegante (che rimane, anche dopo l'apertura col bel piano sequenza sulla neve di Central Park - meraviglioso l'uso del parco -, grazie alla fotografia di Harris Savides, fidato collaboratore di Van Sant) per costruire un'atmosfera lenta e fatta di inquadrature, fermi e silenzi. Una regia interessante che supporta l'idea di costruire il tutto su un grosso equivoco: tutto il film è come i due protagonisti, fermi (c'è così tanta bellezza, nonostante l'apparente noia, nel lungo primo piano della Kidman nel teatro) eppure capaci di dire più di quanto si possa sentire ed intuire a caldo, oltre il richiamo pubblicitario finto-thriller di partenza. Una pellicola dalla quale non attendersi situazioni gridate, ma da leggere in modo più intimo ed inquieto sia guardando ai personaggi che guardando a noi stessi. Un film minimale e diretto. Menzione speciale a Anne Heche.
Voto: ****
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