Che sia giapponese o americano, il sequel di The Ring non ha ragion d'essere. Chiamato all'opera il papà dell'originale, Hideo Nakata, il film prende vita propria rispetto al già deludente secondo capitolo nipponico ma non rispetto a Dark Water dello stesso regista, il cui saccheggiamento tocca livelli impressionanti: l'acqua diventa iper-elemento filmico, col quale Nakata purifica il proprio disappunto per la scelta di Walter Salles nel nuovo Dark Water americano. Gli esperimenti sull'elettricità in piscina vengon sostituiti quindi dalla bambina in cerca della mamma mai avuta ed il resto è sempre saccheggio, stavolta del primo remake di Verbinski: Nakata adatta in modo sciagurato sé stesso all'esperienza estera riuscendone snaturato e capace solo di trasformare i cavalli impazziti nei cervi impazziti. E non sarebbe neppure troppo male, se la sceneggiatura di Ehren Kruger avesse il minimo senso inseguendo coerentemente il riciclato nucleo mamma/figlia/figlio, invece di farcelo annusare e poi chiudere il coperchio.
Voto: *